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Il Ballarin, un caso nella Storia

San Benedetto del Tronto | Sono colpito positivamente dall'appello del sindaco sull'Affaire (chiamiamolo così) Ballarin. Potremmo dire con termine scientifico il "discourse". Credo che il sindaco abbia una ragione forte e due torti.

di Renato Novelli

Sono colpito positivamente dall’appello del sindaco sull’ Affaire (chiamiamolo così) Ballarin. Potremmo dire con termine scientifico il “discourse”. Credo che il sindaco abbia una ragione forte e due torti. Racconto una storia per spiegarmi. In un lontano 1412, l’Opera del Duomo di Firenze, assegnò a due ingegneri di chiara fama, la costruzione della cupola del Duomo stesso.

L’ing. Brunelleschi elaborò un progetto inedito e molto audace tecnicamente. Si diceva che la cupola sarebbe crollata il giorno stesso della fine dei lavori. Brunelleschi richiesto di spiegare la nuova tecnica usata, rifiutò invocando il segreto professionale. La Corporazione dell’Arte della lana, la più ricca del tempo, 48 Consiglieri e due consoli, potente organizzazione commerciale, espresse qualche perplessità. Nessuno osò, però, intralciare i lavori, pur nei morsi dell’angoscia di un supposto crollo. Il seguito della storia è noto anche per gli incalcolabili milioni di turisti che visitano il luogo da prima che il turismo nascesse.

Tra il Monte di Bruciccio e la Sentina, invece, sembra regnare un’agitazione febbricitante che potrebbe non portare a niente E questa è la ragione del sindaco. La Fondazione Carisap investe in un’opera di pubblica utilità e di valore artistico garantito da un nome famoso come Tschumi. Un’opera d’arte nel corpo di un tessuto urbano disastrato dal “cataclisma a rallentatore”(Le Corbusier così definisce l’edilizia europea) che ha prodotto tessuti abitativi senza vivibilità.

Nessuno può negarne l’utilità, che per lo sviluppo di un salto dell’industria turistica, vuol dire anche qualificazione di lungo periodo. Il governo avrebbe potuto chiedere al Consiglio di formare un gruppo di lavoro locale, competente,assennato e responsabile, per idee, per studio, per legami con il territorio con dentro qualche esperto esterno. Compito del gruppo, lo studio di altri casi e l’individuazione dell’immaginazione scientifica atta a coniugare la domanda locale con la universalità dell’opera. Il Consiglio e il governo locale avrebbero potuto dire l’ultima parola. Insomma dare la qualità della partecipazione ad una iniziativa chiave. Poi sul luogo e destinazione d’uso ci si dovrebbe confrontare con l’architetto.

Al contrario, l’appello del sindaco, arriva dopo che si è sviluppata una fiera di idee e posizioni dettate da intuizioni personali, da calcoli politici di schieramento e partito, da parte di consiglieri e di cittadini più cittadini degli altri. Qualche consigliere ha affermato che l’architetto dovrebbe sottoporre il progetto al consiglio medesimo. E’ abbastanza straordinario che noi, dalla casa comunale, pensiamo di avere il diritto di fare ciò che neppure i Medici di Firenze e Mecenate prima di loro, non osarono.

Un certo Lucio Domizio Enobarbo Nerone, dell’antica famiglia degli Enobarbi e discendente da Augusto per via materna, fece costruire una Domus Aurea, ordinando agli architetti il da farsi e mandandone a morte alcuni. Volle un lago privato dove ora sorge il Colosseo. La sua Ybris tragica lo fece finire male. Un adolescente di nome Tacito fu talmente colpito dalla vicenda della Domus che anni dopo scrisse da critico severo la storia degli imperatori. Speriamo che lungo i nostri viali non camminino oggi una Tacita o un Tacito. Saremmo ricordati, tutti noi. per la nostra Ybris, come Nerone.

Il secondo torto del sindaco sta nel pensare che gli unici interlocutori di una vicenda così basilare siano la maggioranza e la minoranza della società dei partiti, di nuovo e per sempre materializzata nel ruolo dei consiglieri comunali, per i quali ho il massimo rispetto, ma che non penso siano competenti sul mondo intero. Forse le loro nobili opinioni devono essere corroborate da confronti con la “cittadinanza disorganizzata” che considero al massima espressione di democrazia reale, disordinata e veridica. Così, come nella Firenze del Quattrocento nascono i capolavori.

Obama porta la fiaccola di un evento politico straordinario, ma quella fiaccola l’hanno portata di corsa milioni di cittadini mai sentiti prima. Al sindaco, solo come elemento di riflessione, pongo due domande: Obama sarebbe mai diventato consigliere comunale a San Benedetto con il sistema delle preferenze per assistenza che domina? Il PD lo avrebbe candidato e in quale posizione di lista?

Domande legittime anche se viviamo sotto il tallone di un premier che non sa che “abbronzato” negli USA è un insulto ai negri americani. La notizia linguistica non è arrivata nella Costa Smeralda. Mamma mia, Watson!

10/11/2008





        
  



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