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Bulli primi attori e manie di protagonismo da pupe

San Benedetto del Tronto | Qualche considerazione riguardo "Minori e Nuove Tecnologie" alla luce della querelle sollevata dalla opinione pubblica dopo gli episodi dei video-choc hard e violenti diffusi tra i minori anche nella Regione Marche.

di Eleonora Camaioni

A tredici anni voler essere al centro dell’attenzione della propria famiglia, del proprio gruppo di amici, dei propri compagni di classe, se non si trasforma in esasperato tentativo narcisistico di essere il centro del mondo per gli altri, non sembra cosa psicologicamente scorretta.

Eppure a qualche adolescente sembra non bastare…non solo desidera essere l’ombelico del mondo dei propri affetti, ma farsi oggetto di attenzione per una intera comunità quella del web.
E qui si potrebbe obiettare...va beh che male c’è nel voler caricare la propria immagine sul web, magari costruendole un sito-simulacro attorno?

Si può tarpare le ali ad un ragazzo, che grazie alle sue competenze informatiche e alla velocità nell’utilizzo delle new technologies, sente il bisogno di esprimere le proprie idee e la propria immagine alla comunità virtuale mondiale?

Sono i genitori stessi che si alzano in piedi e a gran voce affermano, emulando una famoso tormentone trasferito dalla televisione (medium preferito dagli over 50 rispetto alla Rete), alla realtà di tutti i giorni: “Sono ragazzi!”.

Si sono ragazzi e come tutti i giovani di ogni generazione hanno diritto a fare le loro “ragazzate”. Tanti sono i diritti che ormai la comunità internazionale ha riconosciuto, attraverso un lento e faticoso cammino, agli adolescenti del nostro tempo. La promulgazione di Carte, Dichiarazioni, Codici, Leggi volte al riconoscimento dei diritti fondamentali del fanciullo e dell’adolescente, ha fatto si che fin da bambini, anzi fin dalla nascita siamo tutti titolari di diritti pleno iure.

Nella Convenzione dei Diritti del Fanciullo dell’ONU firmata a New York nel 1989, per la prima volta, i bambini vengono considerati come persone con capacità e potenzialità espressive che permettono loro di partecipare attivamente alle scelte riguardanti la loro vita.

Riflettendo sui recenti fatti, accaduti in tutta Italia e in particolare nella nostra Regione che consistono in un uso sbagliato e per fini di lucro delle nuove tecnologie, la solida base dalla quale si sono sviluppate le idee-forza dei documenti affermati a favore dei minori, che a loro volta hanno dato vita ad una ‘cultura dell’infanzia e dell’adolescenza’, sembra sgretolarsi.

Tanti diritti, infinita libertà, indipendenza di scelta, ma il buon vecchio insegnamento che la mia maestra Anna Tomassetti mi ripeteva quasi ogni giorno, ai tempi delle scuole elementari, con il sorriso che a me sembrava il più dolce del mondo, “Prima il DOVERE e poi il piacere!” sembra non risuoni più come un imperat per i ragazzi di oggi.

I doveri paiono non essere più contemplati nelle abitudini sociali della nuova generazione, quella che viene definita dai mass-mediologi, la prima generazione hi-tech: un gruppo di attori sociali che sanno quali sono le potenzialità e i servizi della rete e della telefonia. Ma che, mi permetto di aggiungere, la usano per fini non troppo sociologically correct (lasciatemi passare la licenza sociologico-giurisprudenziale).

Allora quali soluzioni alle new starlette degli MMS che, troppo distanti dal mondo di paillettes e lustrini costruito da Maria De Filippi, cercando la strada più breve per il successo e i soldi e invece di far conoscere le proprie attitudini e capacità per sfondare nel mondo della tv, si permettono di far circolare le proprie acerbe grazie attraverso i camera-phone ottenendo soldi pronti e successo anzi popolarità o meglio notiziabilità (ovvero riescono a far parlare di loro nei discorsi sociali e dell’opinione pubblica)?

Quale metodo di approccio bisogna adottare con i nuovi bulletti che, per una risata in più, riprendono i propri compagni di classe diversamente abili con i videofonini mentre li malmenano e li prendono in giro?

Grossi punti interrogativi ai quali una soluzione non si può avere nell’immediato ma credo si possa studiare. Il punto di partenza, ha il suo nucleo nella famiglia, forse può essere il seguente: i genitori si rendano consapevoli di cosa sono capaci i propri figli con in mano un mezzo hi-tech, anche se la cosa può spaventare una persona non avvezza agli “aggeggi” computerizzati.

Ci si domandi quanto i propri figli siano educati alle nuove tecnologie, dove educazione in questo caso non vuol dire competenza, bensì uso consapevole dei plus-valori dei mezzi e dei rischi che essi comportano.

Si faccia un esame di coscienza e ci si affidi a chi ne sa più di noi: Associazioni di tutela dei minori rispetto ai contenuti dei new media, la Polizia Postale e delle Comunicazioni, le Istituzioni e tutti coloro che sono Media Educatori ovvero conoscitori delle potenzialità e dei rischi dei nuovi compagni di giochi dei nostri figli: la rete e il telefonino.

Che una cosa sia chiara: togliere il mezzo telefono o rete dalle mani dei ragazzi nuoce gravemente alla crescita psico-fisica armonica della new generation sempre più immersa in un flusso plus-mediale a metà tra il reale e il virtuale.  

14/12/2006





        
  



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