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Il sindaco di Montegiorgio scrive al governo Prodi

Montegiorgio | Una lettera aperta per parlare di beni culturali, attività produttive, patto di stabilità, ed un richiamo agli eccessivi stipendi dei parlamentari

di Luciano Achilli*


Mi chiamo Luciano Achilli, sono il Sindaco del comune di Montegiorgio ubicato nella nuova provincia di Fermo, con quasi 7.000 abitanti residenti e suddivisi in 2.400 famiglie circa. Ritenendo un dovere di ogni individuo, specialmente se impegnato nella gestione della cosa pubblica e se, come nel mio caso, anche appartenente alla stessa parte politica, suggerire e proporre idee per una migliore gestione e benessere della collettività; sono con la presente ad esporVi alcune suggestioni di semplice attuazione e senza oneri aggiuntivi per lo Stato ma, almeno per l’esperienza fatta in anni di attività al servizio delle imprese, di sicura efficacia.

PATTO DI STABILITÀ

Una premessa sull’argomento, che è anche una specie di curiosità, è assolutamente necessaria ed è questa: se gli enti a cui la norma è applicabile la rispettano in quanto obbligati, come si spiega che a livello nazionale, quindi la somma di tutti i detti enti, si sfora sistematicamente? e le sanzioni e limitazioni previste per quanti non lo rispettano che fine hanno fatto? è possibile continuare a chiedere agli enti che hanno rispettato le regole, ulteriori sacrifici per supplire alle risorse non risparmiate da chi le norme non le rispetta? cornuti può anche andar bene, ma pure bastonati non può essere accettato né tollerato! Ciò detto , rendendomi perfettamente conto della situazione che avete ereditato, sottopongo alla Vs. attenzione un provvedimento di semplice ed immediata attuazione: “permettere alle amministrazioni virtuose l’utilizzo degli avanzi risultanti dal rendiconto di gestione svincolandone la destinazione, utilizzo quindi sia per spese in c/capitale che correnti, non facendo concorrere l’applicazione di che trattasi nel conteggio del patto di stabilità” Con questa norma si otterrebbero diversi risultati: - premiare le amministrazioni che hanno rispettato il patto; - sanzionare in maniera indiretta e non per propria mano (il patto di stabilità così come configurato è stato partorito dal centrodestra), chi non è stato ai patti; - rafforzare l’idea di uno Stato che non solo detta le regole, ma le applica, le fa applicare, ne verifica il rispetto e sanziona chi non le ottempera; - rispetto sostanziale degli accordi comunitari. Sull’argomento sono particolarmente sensibile ed anche arrabbiato poiché, su questa norma, si sostanziano diverse questioni che rendono i cittadini profondamente non uguali fra loro; come è possibile che per il solo fatto di risiedere su di un comune con 5.000 abitanti posso sperare di avere servizi diversi e migliori, sia in quantità che in qualità, del mio vicino la cui residenza ricade in un comune di 5.001 abitanti e che, per questa sola ragione (un abitante in più), gli amministratori di quel comune, soggetti al rispetto dei vincoli imposti dal patto di stabilità, non possono garantire, anche avendone le risorse, quegli stessi servizi e di pari qualità? Tra l’altro con il vincolo dei 5.000 abitanti non si favorisce l’auspicata ed auspicabile unione dei comuni anzi, ne è ostacolo sostanziale e favorisce l’ulteriore frammentazione (ve lo dice chi ha visto nascere una nuova provincia da poco), continueremo così con i 5.824 comuni sotto ai 5.000 abitanti e con il 18% della popolazione liberi di fare e disfare, mentre i restanti 2.276 comuni con l’82% della popolazione (fonte ANCITEL) non potranno nemmeno garantire i servizi essenziali. Credo fermamente nella necessità del patto di stabilità come strumento propedeutico per una Europa unita, per questo scopo ritengo non si debba escludere nessuno, ma credo altresì possano individuarsi altri strumenti di graduazione del contributo di ognuno che superi quello del numero di abitanti, stupido ed anacronistico.

BENI CULTURALI

La proposta su questo argomento è duplice, nasce da queste semplici considerazioni (tratte dal libro Italia per tutti. Turismo, ambiente e cultura per rilanciare l’Italia che vale): - dal 1985 al 2005 la quota di mercato dell’Italia nel turismo mondiale è scesa dal 7,6 % al 5,5 % in termine di flussi e dal 7,4 % al 5,7 % per valore; - nel 2003, la spesa pubblica per beni artistici e culturali è stata di 3,3 miliardi di euro. In Germania di 8,2 miliardi di euro ed in Francia di 7,1 miliardi di euro; Questi numeri vanno inoltre relazionati con il fatto che il patrimonio artistico detenuto dall’Italia è stimato in oltre il 50 % di quello esistente in tutto il mondo ! Le proposte: a) utilizzo delle quote dell’8 ‰ non sottoscritto destinandolo al recupero dei beni artistici appartenenti alla pubblica amministrazione. Credo questo argomento (revisione del meccanismo di calcolo ed erogazione dell’8 ‰) debba essere nell’agenda del Ministro con un codice di priorità molto alto anche perché le cifre in gioco sono veramente iperboliche; b) riesumare il patrimonio artistico depositato negli scantinati e comunque non fruibile dai cittadini, assegnandolo con una specie di comodato d’uso ai comuni ed enti che dichiarino l’interesse, la disponibilità di luoghi espositivi idonei, la fruibilità pubblica per almeno un periodo annuo da concordare dei beni stessi, etc. In questo modo si potrebbe concretamente dare vita al museo diffuso, con benefici inimmaginabili sia da un punto di vista culturale che economico e di conservazione del patrimonio stesso.

ATTIVITÀ PRODUTTIVE

È questo un argomento caldo, poiché è dalla formulazione di una politica industriale (fino ad oggi inesistente in questo Paese) seria e rigorosa che passa la rinascita del Paese, fatta di equità, di competitività, etica sociale, qualità, sicurezza, di investimenti pubblici per la ripresa anche degli altri settori economici e produttivi, etc. Non voglio addentrarmi in argomenti che necessiterebbero di dati ed informazioni che i comuni cittadini non conoscono e non conosceranno mai, e forse neanche nei Vs. uffici conoscono (ad esempio quante risorse vengono distribuite alle imprese a vario titolo, misure e sub-misure dalla CEE, dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province?, come sono localizzate sul territorio?, come sono ripartite in funzione delle diverse tipologie di imprese? etc.), dati che invece dovreste procurarvi poiché sono la premessa ad una pianificazione seria delle attività che dovrete finalizzare. Ciò che sottopongo all’attenzione è anche frutto della personale esperienza di uomo d’azienda e da sempre, nonché dall’impegno preso con il cosiddetto “cuneo fiscale” e, per favore, non inventiamoci sgravi contributivi solo per quelle aziende che hanno stipulato contratti di lavoro solo ed esclusivamente nelle notti di plenilunio o altre amenità del genere, non ci verrebbe perdonato ! Il “cuneo fiscale” non solo deve essere applicato a tutte le aziende con personale dipendente, ma deve essere addirittura aumentato nella percentuale rispetto a quanto ipotizzato in campagna elettorale ! e le risorse ? ed ecco allora la riflessione: - considerando che le risorse destinate alle imprese a vario titolo (legge 488, legge 46, leggi regionali diverse, sovvenzioni provinciali, etc.) alcune con finalità addirittura risibili, non vengono utilizzate dalla generalità delle imprese, ma solo da quelle che hanno apposite strutture dedicate o consulenti (di norma ben introdotti) a provvigione sul “realizzato”; - visti i risultati prodotti da strumenti come la famosa “cassa del mezzogiorno” meccanismo perverso di generazione delle altrettanto famose “cattedrali nel deserto” tristemente note ed ancora di attualità; - valutato che il sudato contributo che arriva all’impresa fra spese di istruttoria, imposte sulla sopravvenienza, parcelle dei consulenti, stipule notarili, fideiussioni diverse, garanzie bancarie, etc. di norma non copre nemmeno parzialmente l’investimento per cui si è chiesto il contributo stesso. Tralasciando altre considerazioni non per scarsa valenza ma per brevità, invito a riflettere sulla eventualità di eliminare tutti i contributi suddetti, con la sola esclusione di quelli di origine europea, utilizzando i risparmi conseguiti per l’applicazione vera, reale ed amplificata nella percentuale della riduzione contributiva o “cuneo fiscale” che dir si voglia; questo sì strumento democratico in quanto agirebbe su tutte le imprese e con applicazione automatica, senza consulenti, ad alto valore aggiunto e di forte impatto sulla competitività del sistema Italia in quanto ridurrebbe in maniera significativa il costo del lavoro e ciò, in un Paese trasformatore, è fondamentale ed irrinunciabile. Avrei tanti altri argomenti da sottoporre alla Vs. attenzione, sia in questo settore che in altri come la sanità, il funzionamento dello Stato (siamo certi che in un comune come quello che rappresento siano necessari ben 3 (tre) revisori contabili con una spesa di oltre 20.000 € annui? possibile che la commissione mandamentale debba riunirsi anche 2 (due) volte a settimana con una spesa di oltre 15.000 € annui?), lo snellimento della pubblica amministrazione ma non inteso come oggi (trasferimento di incombenze a livelli rappresentativi più bassi, metodo applicato in cascata da tutti gli altri livelli sotto-ordinati poichè non vengono trasferite contestualmente le risorse necessarie; alla fine resta l’ente Comune che, visto dal vertice dello Stato è l’ultimo vagone del treno, ma visto dalla parte del cittadino è il primo vagone del Sistema, che volente o nolente deve espletare le funzioni, un po’ come il gioco del cerino). Si deve prendere atto che il Sistema Italia non è più in grado di sostenere costi improduttivi, è quindi indispensabile, partendo dall’analisi dei punti di forza e di debolezza, procedere ad una reingegnerizzazione dei processi gestiti con l’obiettivo di accrescere i primi ed eliminare o quantomeno ridurre i secondi. In poche parole, nei processi di cui si è responsabili devono essere individuate ed eliminate le attività che non generano valore aggiunto; non si tratta di eliminare le persone quanto invece di utilizzarle in attività generanti valore (si potrebbero fare decine e decine di esempi ed in tutti settori della vita pubblica, dalla sanità alla scuola, dalla PA alla sicurezza pubblica, di risorse distolte dal servizio “attivo” per essere utilizzate in funzioni di tipo amministrativo). Qualora riteniate le proposte e le correlate argomentazioni a sostegno degne di attenzione, o vi abbiano quantomeno incuriosito e desideriate approfondirle, resto a Vs. completa disposizione nei modi e nei tempi che riterrete più opportuni. Ultima annotazione riguarda il costo della politica, non per fare vecchia ed ottusa demagogia, ma perché quando in una famiglia si chiedono sacrifici, è il capofamiglia il primo a dare l’esempio e gli altri lo seguono poiché non hanno più le argomentazioni per rifiutarsi o per discutere. Io ho compiuto 52 anni lo scorso mese di marzo, ho sempre lavorato anche per mantenermi agli studi, il mio stipendio lordo ammonta ad € 3.223,21 (mensilità di aprile 2006); sul sito della Camera dei Deputati (www.deputati rattamento economico) è riportato chiaramente il trattamento economico spettante al “deputato semplice” che è pari ad € 20.233,50 lordi mensili ! Non discuto sia poco o molto, evidenzio solo che devo lavorare quasi 7 mesi per ottenere lo stesso imponibile, ed il mio stipendio non è malaccio ! Credo qualche riflessione debba essere fatta. Anche sul numero dei rappresentanti del popolo, che è rimasto invariato nonostante la tecnologia dell’informazione e la società in genere abbiano fatto notevoli passi e quindi la necessità di rappresentare i territori capillarmente, origine dell’attuale conformazione amministrativa, si è quantomeno modificata, avrei ancora molto da dire, spero di avere altre occasioni per affrontare queste ed altre tematiche. Non abbiate paura di avere coraggio, le scelte giuste, anche se dolorose, possono essere capite e condivise, è indispensabile però siano semplici, applicabili, controllabili e controllate. Cordiali saluti ed un sincero augurio di un buon lavoro per il bene comune.

*sindaco di Montegiorgio

20/06/2006





        
  



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