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Salviamo l’Abbazia di Roti!

| MATELICA – Il Presidente dell’associazione L’Umana Dimora di Macerata Primo Mancini, lancia un accorato appello


«Non possiamo restare immobili di fronte al crollo e alla deturpazione di un luogo splendido come l’antica abbazia benedettina di S. Maria de Rotis». A dichiararlo è lo stesso Presidente dell’associazione L’Umana Dimora di Macerata, Primo Mancini, che domenica 12 marzo scorso (in una delle tante belle gite domenicali organizzate da questa associazione) ha visitato i luoghi montani di Roti e della Gola di Jana, nel Comune di Matelica (MC), dove presto sembra debba nascere un’Area regionale protetta.

Quest’area recentemente inserita in importanti pubblicazioni e nella stessa Guida turistica di Matelica (scritta da Mons. Tarcisio Cesari, edita dalla casa editrice Geronimo) è segnalata per specie rare appenniniche come la Peonia villosa, il bucaneve, la scilla, l’anemone gialla, il giglio martagone, la belladonna, il ciclamino, il pungitopo, l’olivella, il biancospino, il prugnolo selvatico, il ginepro rosso, la sanguinella, i sorbi e l’atropa belladonna.

Tra gli alberi tipici, il faggio, il tasso, il leccio, la roverella, vari aceri, l’orniello, il carpino nero e quello bianco. Nella fauna meritano di essere citati il picchio verde, il luì bianco e quello verde, il fringuello, il gufo reale, il pigliamosche, l’upupa, l’allocco, il cuculo, la tortora,il fiorrancino, la beccaccia, la poiana, lo sparviere, la ghiandaia, il lupo, la volpe, l’istrice, il cinghiale, il tasso, la puzzola, la faina, il moscardino, lo scoiattolo, il ghiro, il riccio, il quercino e numerose specie di rettili e anfibi. «E’ un grande merito delle associazioni ambientaliste locali – ha detto il Presidente Mancini –, impegnatesi per tutelare una zona dal grande valore botanico e faunistico, ma molto importante anche dal punto di vista storico – architettonico per la presenza appunto dell’abbazia di S. Maria de Rotis, fondata nel IX secolo lungo la strada romana che univa già da secoli Matelica a Cingoli, riformata sembra da San Romualdo stesso e poi saccheggiata nel 1311 dai ghibellini, infine trasformata per uso colonico nel XVI secolo, negli anni della Resistenza fu sede del comando partigiano.

La gente che ogni anno viene a visitare quelle amene località resta sempre positivamente colpita dalla bellezza del posto, ma certo non manca qualche rimprovero: motociclisti praticanti l’enduro continuano a scorrazzare sui sentieri scavando profondi solchi, l’antica abbazia poi sta progressivamente scomparendo a causa dello stato di abbandono in cui versa, con il gigantesco fienile già parzialmente crollato, l’antico portale d’ingresso del monastero distaccato e trafugato e tante strutture trasformate in cumuli di macerie. E’ necessario intervenire rapidamente per salvaguardare questo prezioso patrimonio storico-architettonico di proprietà demaniale con una maggiore attenzione anche da parte delle istituzioni territoriali come Comune, Comunità Montana, Provincia e Regione. Bisogna fare di più perché questa vallata e la sua abbazia sono una delle belle eredità del passato da lasciare ai nostri figli».

16/03/2006





        
  



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