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San Benedetto del Tronto | Pipistrello a tavola.

di Ettore Tibaldi


Che ci fa un pipistrello a tavola? E, soprattutto che cosa signfica averlo proprio lì, se non è Batman e se si tratta invece di un esemplare di Roussettus aegiptyacus, cotto, in un qualche modo “alla cacciatora”?

Il pipistrello, a tavola, l’ho assaggiato, ed era delizioso, a casa di Roberta del Giudice durante una mia recente visita a Brazzaville, nella Repubblica del Congo. Da non confondersi con la vicina Repubblica Democratica del Congo, che ha per capitale Kinshasa.

Roberta del Giudice è donna di quieti e decisi appetiti. Economista e esperta di sviluppo (se così si può ancora dire nell’Africa centrale) ben nota in campo internazionale, è, secondo me, una importante testimone per quanto riguarda i cambiamenti nella vita quotidiana di illustri ospiti come lei in terre così lontane per effetto dei rivolgimenti politici e sociali. La critica dell’economia politica oggi passa anche attraverso imercati, specie quelli più popolari e giunge a tavola, nei piatti, nei cucchiai. Infatti, come si può immaginare, è impossibile comprendere la politica e il suo effetto complessivo (dunque autenticamente politico) se non si fa riferimento proprio alla vita quotidiana. Brazzaville è un luogo in cui il cibo che viene dalla foresta è la sola valida alternativa al cibo importato dall’Europa, perché le capacità produttive degli agricoltori locali sono ancora ampiamente insufficienti a rifornire la città. Tra le infinite risorse forestali che sono avviate verso la capitale, Roberta ha appreso la possibilità di cucinare e gustare i pipistrelli in un piccolo e illustre ristorante di Brazzaville, l’Espace
Gastrotechnique che si trova al numero 554 di rue Lénine, tel 242.217485).

La fortuna di poter raccogliere le sue dichiarazioni è grande, anche perché di rado si riesce a cogliere tanta franchezza. Si può impostare un poco di… critica della gastronomia politica con il suo aiuto.
Merito, forse, del cibo… forestale, che ho avuto la fortuna d’assaggiare e che è un cibo forse più autentico di tantialtri. Roberta è, come tutti noi, quel che mangia e ha mangiato. Parliamone.

Quante volte sei stata in Congo e in che Congo? E, soprattutto, a che fare?

Sono stata ben 3 volte nella Repubblica popolare del Congo (ex Congo francese).
In tutte queste occasioni ho lavorato per la Unione europea. Le prime due volte in “breve missione” la prima delle quali interrotta dalla guerra che iniziò 5 giugno 1997 e la seconda effettuatanel novembre
– dicembre 1998. Per contro l’ultima volta il soggiorno è durato ben due anni dal febbbraio 2003 al febbraio 2005.

Come organizzano la loro sopravvivenza alimentare gli esperti dell'Unione europea in un luogo come quello?
E’ questa una domanda alla quale è difficile rispondere in generale. Più facile rispondere, invece, se possiamo seppure schematicamente affermare che di questi particolarissimi consumatori, ne esistono due categorie:

- la prima che riproduce esattamente lo stile di vita del paese di provenienza e cerca quindi alimenti che qui si trovano nei rari Centri commerciali , cibi “da supermercato”, “avion” , “bateau”, che giungono in aereo o in nave, che portano il sapore europeo e si avvicinano il più possibile allo stile alimentare del Paese d’origine dei consumatori comunitari;

- la seconda categoria comprende soggetti che, pur mantenendo la memoria delle proprie origini usa con interesse e scopre anche i prodotti locali, ricette tradizionali e reinventa un’alimentazione in un qualche modo ibrida. I mercati di Brazzaville non sono particolarmente riforniti di prodotti locali o piuttosto, questi non sono disponibili con continuità. Pertanto, alcuni prodotti me li procuravo da Pointe Noire ( specialmente per il pesce di mare), mentre per il pesce di fiume, alcune carni e per le verdure i miei luoghi di rifornimento erano i mercati cittadini, in particolare il Total. Un mercato che , almeno lui, non ha a che fare con la multinazionale del petrolio e deve il suo nome alla totalità dei prodotti che vi si trovano. Per alcuni alimenti trasformati come biscotti, pasta sono ritornata alla tradizione casalinga, quella basata sul “fai da te”.

Non ho dimenticato, la deliziosa rossette in un qualche modo cotta alla cacciatora che tu mi hai proposto.

So che hai incontrato questo piatto, davvero insolito, al’Espace Gastrotechnique. Dove, come e perchè hai scoperto Honor e i suoi piatti selvatici, che giungono dalla foresta?
Ho scoperto Honore un lunedì di Pasqua. Un mio amico congolese (Tsengué – Tsengué), che è anche un produttore di macchine per la trasformazione agricola, da mulini a essicatoi, a pastorizzatori, a forni, mi ha portato a conoscere un “petit” - giovane di belle speranze – proprio perché riteneva, giustamente, che si trattava anche di un importante esempio della volontà dei congolesi di far rinascere il proprio paese dopo anni di guerre civili. E anche come testimone, qualcuno che con pochi strumenti riusciva a fare qualcosa di fuori dal comune, impegnandosi in una professione insolita e di sicuro assente nell’immaginario dei giovani africani.

Puoi descrivermi lo scenario gastronomico nel quale opera il nostro Chef?
Mi sembra di ricordare difficile il suo mestiere in una città che sembra tagliata fuori dalle campagne, come se fosse ancor in preda alla guerra civile, e che solo dalla foresta riesce ad ottenere cibo di buona qualità....

Brazzaville è un mercato prettamente di importazione, le tensioni che il paese ha subito hanno paticamente distrutto gran parte del tessuto produttivo, e laddove esiste una produzione vi è una difficoltà enorme a farla arrivare alla città. Molta parte dell’approvvigionamento del mercato è costituita, ancora oggi, da cibi dalla foresta sia per i vegetali, che per la carne. Il pesce è di tipo fluviale, delicatissimo, e ricco di varietà diverse. Non tutti gli alimenti tuttavia risultano al primo impatto facili per noi, che dire dei vermi? Delle termiti?


Cominciamo dall'apertitivo. Succhi di frutta?
Una cena da Honore inizia con degli aperitivi succhi di frutta, con frutti locali, dallo zenzero al mango, passando dai frutti della passione al cuore di bue, al malombo, spesso miscelati, esclusivamente di stagione, serviti con semi di zucca (nténté), che nulla hanno da invidiare alle arachidi... ai quali segue spesso il safou farcito, una brillante riscoperta di questo frutto, con una preparazione completamente diversa dalla tipica bollitura.

Continuiamo. Cartocci di foglie. Come piatto principale. Quali sono i meriti del nostro Chef nella continua proposta di alimenti incartocciati?
La preparazione al “cartoccio” è una delle preparazione tradizionali del Congo, viene fatta alla brace e con una cottura lenta che fa uscire tutti i sapori/ succhi degli alimenti. Tradizionalmente il pesce era cucinato in questa maniera, Honor ha riproposto questo antico metodo di cucinare (tipico della foresta) per tutta una serie di piatti: dalle verdure, alla tartaruga, al coccodrillo, fino anche alla carne trita più banale. Tutto assume un gusto pieno.

Quali sono gli animali che giungono fino da Honore, dalla foresta?
Honore ripropone tutti gli alimenti della foresta congolese: dalla tartaruga, al coccodrillo fino al pipistrello. Quest’ultimo è forse l’alimento che per la nostra cultura è il più “difficile”, ma è un’autentica raffinatezza. I pipistrelli in Congo sono frugivori (mangiano manghi)il nostro valente cuoco li propone con un’intrigante salsina, appunto, al mango…

Esistono mercati specializzati per questi prodotti?
A Brazzaville è facile trovare anche nei mercati di quartiere cibi provenienti dalla foresta, un mercato in particolare nella zona nord “ marché de nuit” poiché inizia verso le 18 è considerato il migliore per gli alimenti della foresta. Vi si trova di tutto: dall’antilope, alla scimmia, una varietà locale d’anguilla,la tartaruga... insomma ogni ben della foresta!

Che pensi di questo antico sistema di cottura, dal tuo punto di vista specifico e tecnico, come economista...internazionale. I pacchetti di foglie hanno un senso?
Il sistema di cottura del liboké presenta una serie di vantaggi: anche in una cucina senza utensili di base come pentole e casseruole, permette una cucina senza grassi, e con pochi prodotti, pur essendo ricchissimo di gusto. Usa la brace e quindi il fuoco acceso anche per altro può essere utilizzato allo scopo. Il liboké non è a diretto contatto del fuoco, può essere cotto ovunque. Che dire di questo cartoccio ? Ecologicamente pulito, un sistema di imballaggio perfetto ! Anche nel riciclaggio dei rifiuti....
E non bisogna dimenticare che l’onorevole Honore insegna anche una versione del liboké da prepare nelle nostre moderne cucine... Da provare!

Ammirevole la situazione. Le foglie di mfumbwa, il cui nome scientifico è Gnetum africanum sono stupende, larghe, lucide, saporite in modo molto delicato. Avvolgono anche i dessert, non è vero?

Al momento del dessert, la scelta è sempre fra prodotti locali, pasticceria con manioca ed altre farine, ma quello di maggior impatto è senz’altro il liboké,al plurale maboké, di frutti della foresta come l’atanga (Dacryodes edulis) che costituisce un vero e proprio trionfo. Il trionfo del fagottino!
Il pensiero del pipistrello scompare così, con un rapido frullare d’ali e di foglie, e l’ombra lunga della foresta si stende come ogni sera, nei quartieri della città.

14/12/2005





        
  



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