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Il lavoro nella cultura contemporanea

| Un nuovo rapporto tra società e tecnica. Il mondo del lavoro è rivoluzionato, e modificato dalla catena di montaggio che spersonalizza l'uomo.

di Andrea Carnevali

Il Novecento ha una cultura letteraria nuova che si apre negli anni ‘50 e ’60 a valori molto diversi.

La cultura di Pasolini è legata al Pci. Volponi si occupa della situazione sociale nel Novecento a seguito dell’industrializzazione e constata la falsità di proposte molto spesso formali.
Oggi ci troviamo smarriti nelle condizioni della realtà e nell’opinione. Dovremmo dapprima risolvere i problemi della nostra  cultura, aggravati da carenze istituzionali, con le riforme delle quali si parla, ma che non si fanno.

Negli anni Sessanta, in Italia, si  proponeva un processo alla Democrazia Cristiana proprio per come aveva condotto il suo potere ed aveva deformato le origini culturali della Nazione. La cultura sostenuta da Pasolini era anche quella appoggiata dal mondo cattolico che poi lo stesso  Martini ha voluto rivalutare in una situazione di ampliamento. Con Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti negli anni ’70 si sviluppa il pensiero mediante l’analisi del funzionamento del sistema economico e, di conseguenza, della gestione della politica economica  nel mondo occidentale.

Pasolini ha affrontato la cultura moderna creando una storia in cui i ragazzi di vita hanno dei divertimenti squallidi e vuoti. Sostiene, al contrario di Günther Anders, che mediante la tecnologia in questo caso la televisione abbia arricchito il loro linguaggio. 

La televisione è un potente strumento di diffusione ideologica, consacrata alla classe egemone. Questo è uno standard di libertà e da questo punto di vista la società cambia nella sua formazione.

Con il tempo muta anche il rapporto che la società istaura con la tecnica. Il mondo del lavoro è rivoluzionato, modificato dalla catena di montaggio che spersonalizza l’individuo, reso appendice della macchina e alienato, più soggetto alla disoccupazione perché il suo posto è preso dalla meccanizzazione. E’ facile richiamare la figura di Chaplin in “Tempi Moderni”.
Sorge il dubbio che anche i mass media con il loro tecnicismo contribuiscano all’alienazione dello spettatore, così da creare una condizione “eremitica”.

Oggi si diventa spettatori soli, come dice il filosofo Anders. Infatti è dagli anni '30 che si viene a definirsi un nuovo concetto di cultura che si chiama “cultura di massa”. Dal sistema del lavoro nasce la standardizzazione e l’organizzazione dei gusti di massa che si impongono a scapito dell’individuo.

Il declino complessivo della classe contadina corrisponde alla crescita della classe operaia nel Nord del mondo. Negli anni ’80 e ’90 si è diffuso lo stile tecnologico con la presenza del browser.
C’è stata una duplicazione del linguaggio del mercato tecnologico come le casette della TV , i CD,  i bar con spettacoli e le discoteche.

Il mercato dell’industria culturale ha voluto esprimersi non solo nel linguaggio tradizionale della cultura di base, ma anche nel sotto insieme della riproduzione socio-culturale con showmen, giornalisti televisivi esperti di comunicazione aziendale, pubblicitari e autori di pulp fiction (narrativa del consumo). 

23/12/2004





        
  



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