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La dieta mediterranea

| La Facoltà d'Agraria ha ospitato Giovanni de Gaetano, uno dei maggiori esperti a livello sia nazionale che internazionale del rapporto tra alimentazione e salute.

di Prof. Emidio Galiè

Negli anni '50 un professore americano, Ancel Kevs, giunto a Napoli insie­me alla moglie, si accorse che la dieta del posto era povera di grassi saturi e che solo le persone benestanti soffrivano d'attacchi cardiaci. Vale a dire che i contadi­ni che mangiavano pasta e fagioli con un bicchiere di vino campavano davvero cent'anni e che i loro padroni crapuloni, con stinco di vitello in bellavista, non riuscivano ad arrivare alla torretta del palazzotto poiché il cuore gli scoppiava.

Il buon vecchio professore americano ci fece capire che la Dieta Mediterranea è un modello alimentare sano che rappresenta una risorsa di salute! Da quel momento in poi sono stati numerosi i pro­getti di ricerca per lo studio del ruolo dell'alimentazione nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Qualche giorno fa la Facoltà d'Agraria ha ospitato Giovanni de Gaetano, uno dei maggiori esperti a livello sia nazionale che internazionale del rapporto tra alimentazione e salute.

Egli è iI Direttore dei Laboratori di ricerca del Centro di ricerca e formazione ad alta tecnologia nelle scienze biomediche ha il­lustrato nel seminario "Alimentazione e salute' alcuni dei più importanti e aggior­nati risultati sul ruolo bene­fico dell'alimentazione in termini di protezione. Tema della prima giornata la Dieta Mediterranea. Dieta non intesa nel modo in cui siamo abituati dalle pubblicità estive, ma come stile di vita, come un insie­me di alimenti che la no­stra tradizione contadina ci ha tramandato.

Nessun divieto, ma solo una classi­fica che prende la forma di una piramide, la "piramide alimentare": tanto più è larga la base, con tanta più frequenza possono essere consumati gli alimenti che vi sono racchiusi. Così ri­sulta chiaro che si deve favorire il consumo di cerea­li, legumi, verdure, ortaggi, frutta e infine olio extra vergine di oliva e vino. A conferma di ciò, Giovanni de Gaeta­no ha esposto i sorpren­denti risultati di alcuni recenti studi, in parte condotti in Abruzzo e diretti dallo stesso professore, sugli effetti della dieta medi­terranea su persone sane e su pazienti diabetici: chi segue la dieta mediterranea vede un rischio ridotto del 20% di mortalità per qualsiasi causa. E questo è un motivo più che sufficiente per abbandonare l'americanizzazione dei nostri consumi alimentari.

Nella seconda giornata del seminario il protagoni­sta è stato il vino.

Qui al posto degli americani arrivano i francesi a spingere l'interesse verso il vino in termini di protezione, con una teoria che vede le sue radici nel "paradosso francese": a parità di dieta i cugini d'oltralpe, pur aven­do un'alimentazione con un alto contenuto di grassi saturi, muoiono meno di malattie cardiovascolari ri­spetto ad altre popolazioni. Questa particolarità è stata attribuita al moderato consumo di vino che caratteriz­za la popolazione francese e alle sostanze bioattive (polifenoli) presenti.

I risultati di una com­plessa attività di ricerca svolta sugli effetti del vino sono stati valutati con la metanalisi, un innovativo e sofisticato strumento stati­stico che permette di rag­gruppare e analizzare risul­tati di singoli studi. I dati ottenuti risultano davvero interessanti: emerge, infatti, che chi consuma moderatamente vino riduce di un terzo il rischio di ammalarsi rispetto agli astemi. La protezione tuttavia si conserva fino a che I'uso di vino si mantiene moderato; quando se ne consuma di più, gli effetti benefici scompaiono lasciando il campo agli effetti dannosi e tossici dell'alcool. Insomma, non si vive di più se si e alcolizzati…

E stiano tranquilli anche gli affezionati consumatori di birra: la stessa analisi statistica ha portato a con­cIudere che anche questa bevanda protegge in maniera globale da malattie del cuore e del cervello, sebbene in misura minore rispet­to al vino. Ovviamente la ricerca scientifica è andata oltre e ha caratterizzato alcune delle sostanze bioattive del vino.

Lo scopo però non è quello di far percepire il cibo come farmaco né tantomeno, si spera, di arriva­re alla distribuzione di concentrati di polifenoli da prendere ogni mattina a digiuno por avere la giusta dose di protezione quoti­diana: perché mai privarsi del gusto di un buon bic­chiere di vino in compa­gnia, per raggiungere lo stesso fino? Bisogna piuttosto far in modo che la filie­ra produttiva sia controlla­ta e ottimizzata al fine di conservare o, laddove pos­sibile, incrementare le so­stanze benefiche e funzio­nali degli alimenti.

La conclusione delle due giornate di seminario è senza dubbio emblematica o si spera apra le porte a un nuovo periodo in cui due mondi finora distanti, quello medico e quello delle "tecnologie alimentari", abbiano modo di co­municare di più. Questa interconnessione passa an­che attraverso l'affermazio­ne di figure professionali come i tecnologi alimenta­ri che possiedono una pre­parazione interdisciplinare che va dalle modalità di produzione delle materie prime alle caratteristiche nutrizionali e funzionali dei prodotti finiti, passan­do per le modalità di preparazione, controllo e con­servazione degli alimenti.

18/05/2004





        
  



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