Le nostre scelte
San Benedetto del Tronto | In gioco non è tanto l'idea della cittadinanza estensibile a tutti, ma bensì nuove restrizioni tese a tenere a bada i cugini dell'Est.
di Maria Teresa Antonelli
Maria Teresa Antonelli inizia con questo articolo la sua collaborazione a ilQuotidiano.it.
Maria Teresa cercherà di informare su questioni che provengono dall'Europa e che ci riguardano come cittadini (per es. il primo giugno entrerà in vigore la tessera sanitaria aperta, non è più necessario il modulo E 111 per quando si va fuori paese, l'Italia aderisce subito?).
Inoltre anticiperà argomenti e proporrà le relative interviste, nonchè futuri servizi direttamente dalla Commissione o dal Parlamento.
L'Allargamento dell'Unione Europea, che da domani sabato 1 maggio passerà da 380 a 450 milioni di abitanti sparsi su 25 Stati (e sarà così il terzo paese al mondo per popolazione dopo l'India e la Cina), è accompagnato da uno scetticismo dilagante. Pregnante al suo interno la forte tendenza dei Paesi dell'Unione al nazionalismo e ad uno strisciante protezionismo, come dimostra la decisione del nostro governo di non rendere libere le proprie frontiere ai cittadini dell'est per lavoro prima di due anni.
Questo dimostra il perdurare del timore, difficilmente scalzabile scrive Luka Zanoni sull'Osservatorio Balcani - di perdere la propria supremazia, ancora pensata su base nazionale e non comunitaria. In gioco non è tanto l'idea della cittadinanza estensibile a tutti, un'eguaglianza tra nuovi e vecchi membri, ma bensì nuove restrizioni, poco visibili, tese a tenere a bada i cugini dell'est.
Ovvero, nuove frontiere a tempo per i lavoratori dei paesi entranti, motivate dal timore di una fantomatica invasione. Tant'è dice sempre Luka nella sua analisi che per quanto riguarda la libertà di circolazione, ancora una volta i diritti delle merci sopravanzano quelli degli esseri umani.
Ma il paradosso è che non siamo i soli ad avere dei timori: anche l'altra parte, e cioè i 10 paesi entranti (vale la pena di memorizzarne i nomi: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria.) esprime dubbi e incertezze e lo fa per bocca di alcuni suoi rappresentanti della stampa e dei media radiotelevisivi, incontrati a Brussels durante un seminario per giornalisti organizzato dalla Task Force " Future of Europe" della Commissione, finalizzato alle tematiche europee nonché alla reciproca conoscenza.
Per Andres Pulver, del quotidiano Virumaa Teataja di Tallinn non c'era molta scelta o di qua o di là, e l'Estonia preferisce scrollarsi definitivamente di dosso i fardelli di un passato ancora troppo recente.
"Noi da tempo guardiamo all'Europa mi confessa Laszlo Dorogman, corrispondente dell'Hungarian News Agency, - ma economicamente siamo ancora troppo arretrati.. ne abbiamo di strada da fare".
Ma è soprattutto dalla giornalista slovacca Breda Dusic Gornik del Dolenjski List che arriva quella che sembra la vera preoccupazione: il timore cioè di perdere la radice della propria identità culturale, minacciata dalla globalizzazione di un multiculturalismo europeo.
Un concetto radicato e comune probabilmente alla maggior parte dei già 380 milioni di "europei" che non si sentono tali, indifferenti come sono ad una realtà non ancora entrata nel loro quotidiano se non nel momento in cui, come ora, sono chiamati ad esprimere un voto per un'entità che non conoscono e della quale non ne afferrano bene il contenuto.
Ed è su di loro, su di noi, che bisognerà lavorare perché Per l'Europa, questo è il tempo delle scelte dice Prodi, e scegliere significa se aprirsi al nuovo, contribuendo al rinnovamento di un comune avvenire, o se chiudersi nella difesa del vecchio ordine, timorosi dei grandi venti che soffiano dall'est.
|
30/04/2004
Altri articoli di...
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer

Una serata di emozioni e scoperte

Betto Liberati