Arrestato maceratese originario di Ascoli Piceno: Minacciava Don Oreste Benzi
Ascoli Piceno | Voleva centomila euro come risarcimento per abbandono compagna accolta in comunità.
Adamo Cristofari, 63 anni, originario di Ascoli Piceno e residente in provincia di Macerata è stato arrestato dalla polizia di Rimini con le accuse di minacce ed estorsione nei confronti di don Oreste Benzi, fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII.
L'uomo, con minacce telefoniche, ha cercato di ottenere centomila euro dal sacerdote romagnolo, considerato 'responsabilè di aver causato la fuga della compagna che, dopo aver subito una serie di maltrattamenti, si era rifugiata in una delle comunità del sacerdote.
Le indagini sono state condotte dalla Squadra Mobile di Rimini in collaborazione con quella di Macerata.
La giovane donna, una ragazza nigeriana, dopo aver denunciato l'uomo per maltrattamenti, si era allontanata dalla casa dove conviveva con l'uomo.
A ridosso dello scorso Natale, Cristofari ha preso il proprio cellulare e dopo varie telefonate minatorie in alcune sedi della comunità Papa Giovanni XXIII, ha telefonato proprio al sacerdote, chiedendo un 'pizzò da centomila euro.
Un cifra che reputava congrua per risarcirlo dell'allontanamento della compagna e per pagargli il lavoro svolto dalla donna nella comunità.
Un tentativo di estorsione, condito da minacce del tipo «faccio saltare le tue comunità: non è una minaccia, ma una promessa», che ieri ha portato alla cattura nell'abitazione dell'uomo, ora rinchiuso nel carcere di Camerino.
L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata firmata dal Gip del Tribunale di Rimini, Lucio Ardigò, su richiesta del Pubblico ministero Marino Cerioni che ha coordinato le indagini della squadra mobile romagnola.
Don Oreste Benzi si era subito rivolto agli investigatori della polizia di stato.
Prima preoccupazione, come ha detto il questore di Rimini Cesare Palermi, è stata quella di garantire la massima sicurezza per il sacerdote e per le comunità.
A incastrare l'uomo sono state le intercettazioni telefoniche che hanno permesso di raccogliere le prove contro il presunto estorsore.
Tra i passaggi delle sue chiamate, giunte anche ai primi di gennaio (dopo il rientro a casa della convivente), «significativo» per gli inquirenti quello in cui l'uomo faceva il nome (seppur storpiandolo) della donna.
Una volta controllati i registri degli ospiti delle varie sedi della comunità in tutta Italia, gli investigatori hanno individuato il telefono cellulare del sospetto e il cerchio è stato chiuso con rapidità.
Anche perchè l'uomo aveva alle spalle precedenti per porto illegale d'armi ed esplosivo.
La preoccupazione, ha raccontato don Benzi, non era stata provocata dai timori per la propria incolumità personale, quanto - ha detto - «per il fatto che minacciava le mie comunità».
Il sacerdote ha poi affermato di non aver mai avuto nulla a che fare con l'aspirante estorsore.
Ma questo non gli impedirà in futuro di "andarlo a trovare non appena potrò farlo - ha aggiunto il sacerdote - e di fare tutto quello che sarà possibile per farlo uscire.
E poi, quando uscirà, lo inviterò per mangiare assieme"
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28/01/2004
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