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Quando i cannibali siamo noi

| A proposito di televisione "taroccata".

di Benedetta Trevisani

Pensare all'Africa, quando si parla di cannibalismo, pensare cioè ad alcune sue tribù geograficamente e culturalmente lontanissime dalla civiltà, perché sprofondate in quel buio brulicante di violenza di cui parla Joseph Conrad in Cuore di tenebra, è sbagliato. In certi casi  anzi frutto di un pregiudizio che condanna i cosiddetti popoli primitivi per l'uso, rituale o meno, di mangiare i corpi degli avversari, mentre assolve quello sbranarsi tra uomini che accade qui da noi e che nel suo valore metaforico nasconde tuttavia istinti bassi e degenerati. Una pratica sempre più diffusa nel mondo occidentale, mai abbastanza civilizzato nonostante i suoi progressi e le sue tecnologie. 

Sarà l'istinto bestiale che perdura e prevale nella natura umana nonostante le conquiste civili di una storia millenaria,  sarà il mors tua vita mea riportato in auge dalle logiche spietate di una politica soggiogata dall'economia e di un'economia di mercato che riconosce gli uomini solo in quanto consumatori da iscrivere in un progetto di igiene mentale perseguito con il condizionamento ad oltranza, sta di fatto che siamo letteralmente assediati da esempi di cannibalismo esibito e confesso senza che l'opinione pubblica se ne scandalizzi più di tanto. 

Una prova lampante ce la stanno dando in questi giorni gli autori e gli attori di programmi televisivi di grande ascolto quali Striscia la notizia e Affari tuoi, di cui si è ampiamente parlato anche su questo giornale. Ma vale la pena di ritornarci, se non altro perché il fenomeno continua a crescere e promette di diventare costume scostumato diffuso per contagio.

Per quanto riguarda la televisione invidia, gelosia, rivalse pubbliche e private si scatenano nella guerra dell'audience, che diventa una guerra al massacro nel momento in cui il dio Mercato concede per scopi pubblicitari le sue grazie (in moneta) ai programmi capaci di attrarre gli spettatori come mosche.

Contro la quantità la qualità non vale. Da qui l'instaurarsi di una finta democrazia taroccata che porta sulla scena e sugli spalti televisivi personaggi similvero, casalinghe restaurate, pensionati eccitati dalle ragazze televisive tutte culetti e sorrisi. 
Lo spettatore ingenuo, di fronte a programmi leggeri e ridanciani che invitano a rilassarsi disattivando il cervello, nemmeno s'immagina il calcolo cervellotico che invece è alla base della programmazione delle aziende televisive, dove si ribatte colpo su colpo, dove ogni mossa attende la contromossa, dove si sguinzagliano spie per copiare o compromettere gli avversari, dove il palinsesto si organizza fondamentalmente con lo scopo di "rubare" spettatori agli altri programmi.

Se questo è lo scopo, ogni mezzo è buono. In tali condizioni il parterre televisivo assomiglia sempre di più alle gradinate del Colosseo dove i romani si divertivano a veder combattere e morire uomini e bestie, gli ospiti assomigliano sempre di più a leoni  inferociti, i conduttori, salvo eccezioni, a gladiatori. 

Stessa situazione in politica dove ogni tema di dibattito a livello nazionale e locale si radicalizza, attizzando battaglie di principio inverosimili e strumentali, dove i comportamenti e i linguaggi ritornano indietro al barbarico primitivo quando i dissensi si risolvevano a colpi di clava. E sì che di tempo ne è passato!

23/01/2004





        
  



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