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Occhi aperti/ Occhi chiusi

| Note su cinema e dintorni

di Dante Albanesi

Occhi aperti
Il neorealismo iraniano in Afghanistan

Martedì 9 dicembre, ore 21.30 al cinema Calabresi, il cineforum di San Benedetto proporrà "Alle cinque della sera" di Samira Makhmalbaf, il primo film girato in Afghanistan dopo la caduta dei talebani. Gli uomini del mullah Omar sono spariti, le scuole riaprono e fra la gente torna la voglia di vivere. La figlia di un anziano carrettiere ha un sogno nel cassetto: diventare Presidente della Repubblica. Sarà invece costretta a fuggire da Kabul con tutta la famiglia…

A scadenze regolari, ogni vent'anni circa, il cinema si volta indietro, torna sui propri passi, ritrova una purezza d'intenti e una verginità; e questa rinascita accade quasi sempre nelle terre più disastrate, dove l'aridità dei mezzi si tramuta in opulenza di idee. Per ogni regime che crolla, c'è un'arte che si risolleva. Negli anni '90 il miracolo è accaduto in Iran (Makhmalbaf padre e figlia, Jafar Panahi, e il più grande di tutti, Abbas Kiarostami), dando vita a un cinema affascinante e inspiegabile che sembra nascere dal nulla. Come se fosse fatto di frammenti di vita che da soli hanno deciso di diventare immagine, prima dell'intervento di registi e cineprese.

"Alle cinque della sera" termina con una famiglia smarrita nel deserto, un asino che scalcia agonizzante, un vecchio tradizionalista che scava con una pietra la fossa per un neonato morto di stenti; e al di sopra di questo scenario preistorico, irraggiungibili come dei, volano aerei ed elicotteri occidentali…

Un verismo tragico che rimanda direttamente alla prima volta in cui il cinema seppe tornare vergine: il Neorealismo italiano. Dietro lo stile di Samira Makhmalbaf, dietro la sua scrittura "casuale", slegata, impressionistica, si riconosce il candore arcaico di Rossellini, Visconti, De Sica. Un cinema che, prima di raccontare una storia, insegue il vagabondare di uno sguardo, l'insaziabile stupore dell'uomo di fronte alla realtà.

Occhi chiusi

"Amore estremo"

Vi sono attori che sono una garanzia… al negativo. Uno di questi è Ben Affleck. Dopo perle come "Bounce" (con l'incolpevole Gwyneth Paltrow) e pirlate come "Pearl Harbour" (la Seconda Guerra Mondiale versione PlayStation), eccolo prestare il suo cipiglio marmoreo e la sua sconfortante fissità emotiva a questo "Amore estremo", che ha per incolpevole di turno la sua eterna fiamma Jennifer Lopez.

Il film, nonostante il record di stroncature collezionate negli USA, ha trovato lo stesso una distribuzione in Italia, perché da noi non si butta mai niente. E a nulla è servita una mirabolante campagna promozionale con febbrili trovate da ufficio stampa, che negli ultimi sei mesi ha sposato la coppia Affleck-Lopez in tutti i giorni pari e li ha fatti lasciare per sempre in quelli dispari.

Ma in questa cronaca di un naufragio annunciato, solo un dettaglio resta veramente inspiegabile: la presenza, in ruoli marginalissimi, di giganti della recitazione come Christopher Walken e Al Pacino. Anche al cinema, gli opposti infiniti si toccano. 

08/12/2003





        
  



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