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Le profonde radici che legano l'Italia alla Croazia

| E'importante, oggi, distinguere tra influssi culturali e occupazione.

di Gabriele Cavezzi *

La proposta di legge avanzata dal parlamentare regionale di AN Guido Castelli, intesa a promuovere la pubblicazione di una guida per i nostri concittadini che si recano in Slovenia o in Croazia, atta ad identificare i luoghi e le città secondo una preesistente nomenclatura in italiano, così come è stata formulata, contiene elementi di forte preoccupazione per quanti da anni svolgono attività di ricucitura culturale e politica tra i diversi contesti adriatici e per quanti si accingono a promuovere azioni di più ampio respiro istituzionale che vada in quelle direzioni.

Non si può infatti parlare di designanti "posticci" che avrebbero impiegato i governi succeduti alle situazioni di possesso italiano, prescindendo dalla conoscenza profonda della storia di quei territori.
L'Italia ha già sperimentato a sue spese le trappole ideologiche e le conseguenze militari di un irredentismo infantile, velleitario, quanto pericoloso, per permettersi altre esperienze con le stesse connotazioni.
L'Italia, come tale, non ha avuto mai ragioni fondanti per il possesso giuridico d'alcun territorio d'oltremare, se si escludono quelli, artificiosi, che portarono ai trattati successivi la Prima Guerra Mondiale e che riguardavano piccoli spazi,così come per le vicende oscure del periodo fascista, dalle conseguenze nefaste.

Un conto è l'influsso culturale ed un conto è l'occupazione con la forza in nome di quello.
Confondere i "possedimenti" di Venezia, per di più limitati nello spazio e nel tempo, con autentici possessi italiani, è una "svista" imperdonabile sul piano filologico. E' vero, la lingua italiana era molto diffusa, soprattutto come strumento di comunicazione e di mediazione culturale e politica da parte della classe egemone; ma è grave non sapere che contemporaneamente tutti parlavano anche il croato o le derivazioni dialettali di questo.

Vorremmo infine chiarire che i designanti in croato di quelle località che sono oggetto di attenzione del consigliere regionale e che egli vorrebbe "restituire" nelle enunciazioni primitive, ci sono sempre stati e nessuno di essi è frutto di invenzioni posticcie o manipolazioni recenti. Molte di essi addirittura hanno radici etimologiche nel periodo greco, prima che romano:
si veda Issa per Vis, Pharos per Hvar, Tragurion per Trogir, Korciria per Kurzola, ecc.). Come vorremmo precisare che il latino, per un lungo lasso di tempo, ha dominato sull'italiano nei documenti ufficiali, così come avveniva nella nostra penisola sino all¹'Unità d'Italia, ma così come avveniva pure in altri stati europei, pur continuando il popolo a parlare la lingua che veniva man mano elaborando autonomamente, attraverso l¹esperienza dei
dialetti e delle lingue locali, sotto governi differenti.

Va detto infine che Venezia non è stata sempre la potenza illuminata che la storiografia nostrana ha cercato di far credere avendo rappresentato, il Leone di San Marco, e quindi la lingua italiana, per molte popolazioni locali, il simbolo dello sfruttamento e dell'oppressione.

Ragusa (oggi Dubrovnik) e di cui si preoccupa Castelli, per concludere, non è mai diventata italiana o veneziana, eccetto brevissimi periodi in cui ne è stata cancellata violentemente l'autonomia di repubblica marinara, e salvo a voler identificare e rivendicare come "italiana" la brevissima occupazione operata dalle truppe nazifasciste.

Con questo non dobbiamo oscurare il significato della nostra presenza nei siti adriatici, benché qui da noi molto è stato fatto per rimuovere le storie e le presenze nonché i contributi delle popolazioni d'oltremare.

Se un processo di riavvicinamento va intrapreso, questo deve partire dal rispetto delle reciproche scelte attuali, politiche e culturali, partendo da quelle linguistiche, senza complessi di superiorità, senza odiosi revancismi, ma soprattutto da approfondite conoscenze del passato complessivo che ci riguarda. Così come stiamo facendo noi da oltre un
decennio, avendo come obiettivo la costruzione di un'Europa liberata da
pregiudizi ed approssimazioni storiografiche.

*Presidente dell'Istituto di Ricerche delle Fonti per la Storia della Civiltà Marinara Picena di San Benedetto del Tronto

25/08/2003





        
  



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