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La poesia dell’amore di Valeria Di Felice

San Benedetto del Tronto | “Il battente della felicità”, l’ultimo libro di poesie di Valeria Di Felice, autrice e titolare della Di Felice Edizioni di Martinsicuro, sta ottenendo grande successo e larghi consensi.

di Elvira Apone

Il battente della felicità di Valeria Di Felice

L’ultimo libro di poesie di Valeria Di Felice, “Il battente della felicità” (Di Felice Edizioni), sta ottenendo ampio riscontro e larghi consensi di pubblico, un pubblico particolarmente attento e sensibile alla tematica dell’amore coniugato in ogni possibile forma e sfaccettatura. Fondatrice nel 2010 della Di Felice edizioni, una realtà editoriale moderna e aperta sia agli scrittori emergenti sia a nomi già affermati nel campo della narrativa, della saggistica e della poesia, Valeria Di Felice ha pubblicato come autrice nel 2007 il saggio “Uomini tra realtà e immaterialità”, nel 2011 l’audiolibro di poesie “Nudi abissi”, nel 2014 la raccolta di poesie “L’antiriva” e nel 2016 la silloge “Attese”. Le sue poesie sono state tradotte in arabo da Reddad Cherrati e in romeno da Geo Vasile e sono state pubblicate in Marocco, negli Emirati Arabi, in Romania, in Palestina e in Giordania.

  “Il battente della felicità” di Valeria Di Felice

In questa silloge poetica, corredata dei disegni del pittore Gigino Falconi, Valeria Di Felice si addentra nei meandri di un amore che diviene passione, coinvolgimento e scambio reciproco, facendo cadere le inutili barriere dei tabù, delle paure e delle ipocrisie e trovando proprio nell’amore quel valore assoluto che è totalità, completezza e libertà. Animata da una “purezza d’intenzioni”, per usare le sue stesse parole, che solo dall’amore autentico può scaturire, l’autrice è riuscita a dipingerlo in tutte le sue sfumature, in tutti quei chiaroscuri che diventano le tinte di un’anima intrisa di emozioni e che si tramutano nei colori del giorno: “Tra i respiri di lenzuola/che s’aprono al rossore di un’alba nuova,/colgo il lessema che si flette alle forme della tua lingua”; “Ho inteso la promessa/ di un canto verde e blu/-quel mattino di chiara visione-” e nelle tenebre della notte, in cui l’oscurità, illuminata dal pallore di una luna testimone e complice dell’atto d’amore, invita alla riflessione e alla resa incondizionata: “In questa notte di lune piene/ho sentito la mia bocca riempirsi del tuo latte”; “ti ho regalato la mia treccia per ricordare/il rosso del primo fiore/la corolla sorgiva/ del selciato imprecisato dei nostri mondi,/sotto la bianca lentiggine/di una luna di rugiada”. E poi, il buio della notte, in cui si consumano la passione e il desiderio d’amore, si annulla nella luce di un nuovo giorno carico di speranza e di fiducia nell’amore stesso, che porta, appunto, al cambiamento, al rinnovamento, alla rinascita. “Sento albeggiare dal seno del deserto/ un sole nuovo, rinasce tutto ciò/ che si è sempre perduto/ nella gola della notte”.

Una poesia al femminile alla riscoperta della propria femminilità, quella di Valeria di Felice, in cui, proprio attraverso l’unione fisica con l’altro sesso, lei ritrova la completezza e, dunque, la propria essenza, fatta anche di quel maschile che c’è in ognuna di noi e che, inevitabilmente, ci portiamo dentro per sempre: “Ora che ci sei- che tu sei e noi siamo-/ ti porto con me. Dentro di me. / Nella tasca cucita stretta al petto/ per raccogliere la china dei tuoi baci”. Come un amore platonico che, partendo dai sensi e dalla fisicità, raggiunge le alte vette della spiritualità, così l’amore che ispira i versi di Valeria Di Felice si trasfigura attraverso la potenza della carne e, sotto l’inesorabile spinta di sensazioni dirompenti e inarrestabili che, come un fiume in piena, rompono gli argini della razionalità, arriva a esprimere un sentimento profondo e totalizzante, che regala appagamento e felicità sia nel corpo che nell’anima. E soltanto un linguaggio fortemente pregnante, estremamente evocativo e metaforico, quindi, sublimemente “poetico” poteva riuscire a rendere così sinceramente la verità dell’eros, senza mai inciampare nella volgarità o nella banalità, ma, al contrario, trasformandolo in qualcosa di puro e trascendente: “Devo darlo-ora-un bacio al tuo bacio, /la piuma scarlatta scivolata/sulla levità del mondo,/ il guanto bianco accovacciato/sulle rive dell’altro.”; “le tue natiche di oro rovente/ de lune piene a orbitare/sotto il peso del mio pianeta d’acqua”; “sono antro che attende la fiamma/ per rischiarare le ombre dell’incertezza, / per comprendere la fierezza della terra/ il possente fusto che non teme, / non più- i bui tremori della selva”; “la tua ala tra le mie labbra/ a cercare nuovi voli di piacere/ le mie cosce d’acqua ad aprirsi/ al fuoco della tua cintura / i tuoi lombi abbandonati/all’avanscoperta delle mie dita”.

Un inno all’amore, un invito a oltrepassare la soglia di una porta che ci permette di lasciarci alle spalle quel limbo incolore, in cui tutti siamo tentati di rimanere intrappolati, per compiere, finalmente, con coraggio, l’unico atto di responsabilità cui il vero amore conduce: la felicità. “Questa vertigine è cuore/ reso leggero con il peso / del coraggio”.

04/06/2018





        
  



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