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Un'ombra tra gli scogli, intervista a Remo Croci.

San Benedetto del Tronto | Abbiamo intervistato il noto giornalista sambenedettese riguardo il suo ultimo libro, il giallo Un’ombra tra gli scogli che segna una svolta nella sua carriera essendo il primo romanzo dopo una serie di libri di ricerca.

di Kevin Gjergji

Un'ombra tra gli scogli

La domanda più banale, cosa ha ispirato questo romanzo?
Questo è il primo romanzo che scrivo, l’ispirazione mi è venuta perché avevo terminato il filone della ricerca sulla storia e i personaggi di San Benedetto e in qualche modo volevo continuare a parlare della mia città, ho trovato che scrivendo questo romanzo sarei riuscito a far vivere il giallo nell’ambiente di San Benedetto, così mi sono portato indietro con il tempo e ho raccontato questo luogo negli anni ‘70. In seguito ho avuto l’intuizione di creare due personaggi, il primo era un ricordo da ragazzo mentre il secondo è frutto d’immaginazione partendo però da alcune basi di personaggi, marescialli e carabinieri che nel corso di questi 30 anni di giornalismo ho conosciuto. Quindi ho affiancato all’investigatore classico, cioè il maresciallo, un altro investigatore atipico che si chiama Lampo Amadio, personaggio realmente esistito ma con altro ruolo, a cui ho cucito addosso il ruolo di investigatore atipico.

Proprio riguardo Lampo Amadio, è stato un personaggio importante di San Benedetto che però è stato dimenticato e quasi rinnegato, cosa ti ha spinto a identificare in lui il protagonista?
Lampo è stato un personaggio di una cultura estrema, conosceva cinque lingue ed era anche uno scrittore di saggi teatrali e commedie, aveva insomma una cultura a 360 gradi. Aveva un difetto fisico, una paresi alla bocca derivata dallo scoppio di una bomba durante la guerra, inoltre fu anche ufficiale dell'esercito e fu prigioniero in India. Questo personaggio si muoveva per San Benedetto molto isolato e la piccola comunità del tempo lo teneva sempre lontano come fosse un appestato, mentre i ragazzini gli correvano dietro per prendersi gioco di lui; ho quindi voluto riabilitare un personaggio che all’epoca è stato ignorato, ma oggi è dimenticato.

Invece riguardo il tuo stile, dato che vieni dal mondo giornalistico, come lo definiresti?
È in continuità con il tuo lavoro o tende ad allontanarsene? Io chiaramente mi sento giornalista, poi il diletto di scrivere libri è solo un piacere che ho coltivato e coltivo, questa svolta per me è importante perché sono molto appassionato di gialli quindi, se ci sarà un riscontro che dai primi risultati sembra esserci, vorrei continuare a scriverne. Il linguaggio è asciutto, snello come sono abituato a raccontare le storie in televisione, un linguaggio diretto senza troppi fronzoli. Il romanzo comporta ovviamente la necessità di arricchire alcuni passaggi, però il mio modo di scrivere rispecchia molto lo stile giornalistico che mi porto dietro.

Tutti i tuoi precedenti lavori, che erano più didascalici e quindi non improntati sulla fantasia ma sulla ricerca, li vedi come un piccolo passo alla volta che ti ha portato a questo romanzo o piuttosto li vedi come due percorsi distinti? Diciamo che questa è una fase della vita professionale che si sposta, essendo abituato ad avere un rapporto con la telecamera molto diretto e all’impronta è chiaro che è molto diverso dal lavoro di scrittore. Per scrivere quei libri di storia e ricerca mi sono dovuto preoccupare di andare a ritrovare dati reali dove la fantasia non era contemplata assolutamente, dato che era un lavoro esclusivamente di ricerca. Questo romanzo invece mi ha permesso di scrivere in libertà, di andare in qualsiasi direzione senza problemi.

Durante la presentazione de ‘Le ali sul mare’ avevi detto che sarebbe stato il tuo ultimo lavoro su San Benedetto, pensi di aver tradito questa promessa?
In effetti è vero ho un po’ tradito quella mia promessa, ma l’ho detto perché sentivo di aver esaurito il filone della ricerca storica. Poi però dovendo ambientare questo noir mi sono sentito in dovere, essendo il primo, di lasciare un segno e l’ho volutamente ambientato a San Benedetto. Quindi ho tradito da una parte la promessa, però viene sempre fuori questo mio amore per la mia città.

Quindi San Benedetto in questo libro è più uno sfondo che fa da contorno alla trama o piuttosto, come in molti romanzi, una città che diventa protagonista stessa del racconto?
San Benedetto nel romanzo è importante perché chi l’ha vissuta la ricorda e ai molti che non la conoscono il libro avrà il compito di presentare quella città degli anni ‘70 che per molti è una novità assoluta. Quindi in un certo senso promuovo questa San Benedetto.

Passiamo ad una domanda più pratica, quando hai scritto il tuo romanzo dato che hai una carriera molto impegnata e impegnativa?
Di solito i miei libri li scrivo di notte poiché è l’unico momento in cui sono da solo e anche per combattere l’insonnia che ad una certa età è arrivata, quindi negli alberghi ho la possibilità di ricavarmi questo spazio. Poi è chiaro che il perfezionamento e l’editing di tutta la storia finale l’ho completato a casa, qui a San Benedetto.

Ci sono delle condizioni particolari in cui ti piace scrivere? O comunque delle abitudini che ti porti dietro, come ascoltare un particolare tipo di musica o cose di questo genere?

No, mi piace avere un ambiente isolato senza alcun tipo di distrazione e soprattutto in assoluto silenzio.

E riguardo l’editore con cui hai pubblicato questo libro, cosa mi dici? (Il Raggio Verde) 
L’editore è un editore giovane ma che ha comunque una sua esperienza e un’importante collana di gialli. Abbiamo avuto un contatto e c’è stato subito feeling, una stretta di mano e abbiamo iniziato.

Questo editore si occupa molto anche di giornalismo, questo ha influito?
No, l’incontro è stato frutto di un’amicizia comune che ha stabilito il contatto quindi non c’è stato alcun ragionamento sotto questo punto di vista.

Cosa mi dici della copertina, realizzata dall’artista di Grottammare Francesco Colella?
È la seconda volta che ho scelto una copertina di Francesco, i suoi personaggi mi hanno colpito perché rappresentano molto il lato umano e rispecchiano uno spaccato di vita reale. Mi sono avvicinato a lui attraverso queste sue opere che per me hanno un valore aggiunto, quando guardo un quadro di Francesco mi sembra di vedere una scena che ho vissuto realmente.

Per la copertina hai preferito un suo autoritratto e non gli hai commissionato un ritratto di Lampo Amadio, come mai questa scelta?
Volevo che Lampo non venisse ricordato attraverso una sua foto ma attraverso un personaggio che avrei dovuto scegliere tra i tanti, anche per non essere troppo vicino al personaggio storico.

Il punto forte dei dipinti di Colella è l’intimità che trasmettono, nel tuo romanzo pensi che il lettore si concentrerà sulla storia o piuttosto sull’interiorità del protagonista?
No, io ho voluto semplicemente descrivere la scomparsa di moglie e marito, casi che purtroppo nella vita di tutti i giorni avvengono, e intorno a questo accenno di trama ho ricamato su con la fantasia e con alcuni aspetti che fanno sorridere perché spezzano la suspence del thriller. Ho quindi unito le due cose, cercando di coinvolgere il più possibile il lettore nel tentativo di risolvere questo caso che gli si presenta di fronte.

Quindi questo libro segue il filone classico del giallo?
Probabilmente si, anche se non ci ho fatto un diretto riferimento. Non ho voluto scrivere seguendo qualche canovaccio, ho scritto di getto qualcosa che mi sarebbe piaciuto leggere.

Quali sono stati gli autori che ti hanno ispirato?
Nella mia vita non ho mai avuto un modello professionale da seguire, ho sicuramente apprezzato grandi giornalisti quali Toni Capuozzo, Sandro Provvisionato ed Enrico Mentana col quale mi legano degli importanti momenti di vita professionale. Però io nella vita ho fatto sempre di testa mia; io non riuscirei ad essere un bravo insegnante perché quello che ho appreso l’ho appreso da solo, da autodidatta se vogliamo. Poi ho colto aspetti di quei giornalisti che ritengo dei maestri però alla fine sono sempre rimasto me stesso, e anche come scrittore molti vorrebbero paragonarmi ad altri autori del genere; paragone ovviamente irriverente nei loro confronti dato che io sono ancora al primo romanzo.

E dal punto di vista prettamente letterario?
Ultimamente ho apprezzato molto Camilleri; soprattutto perché racconta storie romanzate ma che arrivano da una comunità, da un luogo specifico e non sono solo frutto di fantasia. A me piace leggere e raccontare storie che ti permettono di scoprire un ambiente, ed è quello che ho cercato di fare con il mio romanzo.

Probabilmente in questo si rispecchia il tuo essere giornalista e quindi l’essere attaccato alla realtà dei fatti?
Si, esattamente. 

Grazie per il suo tempo e buona fortuna per il romanzo.

18/08/2017





        
  



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