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Una donna, tante donne per l’ultimo appuntamento di In Art

San Benedetto del Tronto | Intense emozioni e grande partecipazione di pubblico all’ultimo appuntamento della rassegna In Art domenica 4 dicembre al Medoc.

di Elvira Apone

un momento dell'evento del 4 dicembre

Una donna: Billie Holiday, cantante jazz e blues afroamericana dalla vita segnata da sofferenze di ogni genere: abbandono, violenza, discriminazione, emarginazione, solitudine, alcool, droga, fino a una morte crudele e prematura, cui il pianista e compositore Claudio Filippini, insieme alla violinista e cantante Luisiana Lorusso, ha dedicato uno splendido e delicato omaggio con un concerto di rara qualità; e tante altre donne, otto per l’esattezza, quelle che prendono forma attraverso i racconti di vita vera di cui sono le protagoniste nel libro “Cento ali di libellula” di Elvira Apone e Olga Merli, presentato da Elvira Apone domenica al Medoc, in esclusiva per In Art. E poi ancora un’altra donna, la psicoterapeuta Antonella Baiocchi che, in bilico tra leggerezza e profondità, ha parlato di donne con Elvira Apone e Luisiana Lorusso, ha scavato negli animi di tutti i presenti, ha sollevato temi importanti e sentiti, e ha affermato, non senza dissensi, che la donna, al di là di ogni cosa, è soprattutto un essere umano che come tale va giudicato, per evitare di cadere erroneamente in stereotipi ormai sorpassati, che etichettano la donna come vittima e l’uomo come carnefice.

La donna, quindi, vista sotto tanti aspetti e sfaccettature: non sempre un essere debole e sottomesso, ma talvolta persino lei vessatrice; non sempre un essere fragile e indifeso, ma spesso una persona forte e coraggiosa, che sa risollevarsi dai colpi di un destino avverso, che sa rialzarsi dopo tante cadute, che, finalmente, riesce a spiccare il volo nonostante le avversità, proprio come accade nei racconti del libro “Cento ali di libellula” e proprio come ha fatto Billie Holiday, riscattata dal suo enorme talento e da quella incredibile capacità di guardare la vita con gli occhi di un bambino, con autentico stupore e pura disillusione. E a lei, simbolicamente la nona donna di questa multiforme e variegata carrellata, due artisti di grande umiltà e sensibilità, due musicisti di enorme talento e di straordinaria umanità hanno dedicato un concerto che non solo ne ha messo in risalto le qualità musicali, ma ha anche rivelato a tutto il pubblico di In Art che i veri artisti restano e resteranno per sempre tali, che siano su un palco di un silenzioso teatro o in mezzo alla platea di un pub, sacri dispensatori di sensazioni uniche e irripetibili.

Con quella spontaneità che gli è naturale, Claudio Filippini ha risposto ad alcune domande:

“Hai lavorato con tantissimi artisti di fama nazionale e internazionale: che cosa ti hanno lasciato che poi hai fatto tuo per sviluppare il tuo stile personale?”

Claudio Filippini: “Il jazz è una musica di aggregazione, una cultura basata sull’unione di tanti linguaggi, quindi, ogni musicista attinge un po’ da quelle che sono le sue esperienze di vita e da ciò che ascolta, per cui cerca di portare nel suo modo di improvvisare tutto ciò che ama ascoltare. Io ho cominciato come pianista classico e i miei primi ascolti vengono dalla musica classica e dall’opera, tanto che ho iniziato a studiare proprio la musica classica, dopo di che mi sono avvicinato al jazz e ad ascoltare i pianisti afro-americani. Ogni musicista jazz è come un vaso che si riempie; io sono una persona molto curiosa, ascolto di tutto e cerco di prendere e fare mio tutto ciò che mi ispira e mi sembra buono e interessante”.

“Oltre a essere un pianista sei anche compositore e arrangiatore. In quale veste ti senti più a tuo agio?”

Claudio Filippini: “ Proprio perché sono molto curioso, mi piace anche entrare in situazioni non comode; mi piace l’ebbrezza della novità e ogni tanto mi capita di lavorare in contesti che non conosco bene perché imparo anche molto sul campo; per quanto riguarda l’arrangiamento, per esempio, non ho mai frequentato una scuola, ma ho imparato attraverso l’esperienza. Forse la dimensione in cui mi trovo più a mio agio è quella del trio formato da pianoforte, contrabbasso e batteria. Ho fondato un trio ormai da quasi quindici anni insieme ad altri due musicisti abruzzesi, Luca Bulgarelli e Marcello Di Leonardo, con cui ho vissuto e sto tuttora vivendo tante esperienze anche molto diverse tra loro”.

“Come è nata l’idea del CD in omaggio a Billie Holiday?”

Claudio Filippini “L’idea è nata, in realtà, su commissione. Dato che l’anno scorso è stato l’anniversario della nascita di Billie Holiday, mi avevano chiesto un progetto dedicato a lei per un concerto, così ho pensato a Luisiana, sebbene siamo musicalmente diversi. Quando abbiamo incominciato a lavorare sul repertorio di Billie Holiday, io stesso ho scoperto persino dei brani che non conoscevo e, in generale, abbiamo cercato di trovare una chiave interpretativa personale. Così, quello che era nato come un concerto, si è trasformato in un disco vero e proprio, che ci sta dando tante soddisfazioni”.

“Che cosa pensi della rassegna In Art?”

Claudio Filippini: “È un’iniziativa interessantissima, anche perché anch’io ho sempre vissuto il jazz come una musica interdisciplinare, quindi, legata alla letteratura, al teatro, alla danza. Di conseguenza, quando si tratta di suonare in rassegne di questo tipo, mi piace perché si crea sempre un legame tra artisti di diverse estrazioni e tipologie”.

Con la stessa naturale sincerità, Luisiana Lorusso ha raccontato:

“Hai spaziato dalla musica classica al jazz fino al pop: quale è, se c’è, il genere che senti più tuo?”

Luisiana Lorusso: “Gli studi che ho fatto sono quelli di violino, quindi, di musica classica, l’approccio con il jazz è stato naturale perché l’ho vissuto in casa, venendo da una famiglia di jazzisti,  per cui, avendo sperimentato inizialmente questa dicotomia tra musicista classica e cantante jazz, ho cercato di conciliare entrambe le cose e di lavorare sulla loro unione, frequentando vari corsi di perfezionamento con diverse cantanti jazz. Ciò che mi ha aperto veramente un nuovo orizzonte è stato frequentare un laboratorio di ricerca musicale con Stefano Battaglia per due anni: Stefano mi ha aiutata tantissimo perché mi ha spronato a guardare le cose che avevo fatto e non ciò che mi mancava, mi ha dato tanto coraggio, invitandomi a onorare il mio talento, mi ha spinta a cercare una mia via, che potesse essere identificativa di quello che io sono. Così, ho cominciato a suonare e a cantare allo stesso tempo e a scrivere musica; tutto questo a piccoli passi, senza puntare chissà dove, ma cercando di tirare fuori una mia identità. Una strada questa, che sto ancora percorrendo e dove non sono ancora arrivata”.

“Ti senti più violinista, cantante o compositrice?”

Luisiana Lorusso: “ Il modo in cui mi sento pienamente me stessa è soprattutto nei pezzi che scrivo io; ovviamente, mi piace molto suonare la musica classica, anche perché ho avuto l’onore e la fortuna di suonare nelle due più prestigiose orchestre nazionali, quella dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma e la Filarmonica della Scala di Milano. Certamente, suonare in organico con tanti musicisti bravissimi, diretta dai migliori direttori d’orchestra e con i solisti più accreditati al mondo è una sensazione meravigliosa, perché la musica classica è comunque la nostra cultura e queste esperienze mi hanno dato tanto. Sinceramente, non riesco a dividere in generi, perché credo che la divisione in generi sia una comodità commerciale: penso semplicemente che esista la musica bella e quella non bella, quella che arriva e quella che non arriva. In conclusione, mi sento bene nel fare quello che mi piace, mi sento a mio agio quando faccio la musica che mi emoziona mentre la faccio”.

“Hai suonato con tanti artisti di fama internazionale. Ce n’è uno, o più di uno, che ti ha lasciato un ricordo particolare?”

Luisiana Lorusso: “Ce ne sono stati tanti, ma voglio citare un artista che, però, non è un musicista. Mi è capitato di lavorare varie volte in televisione con Fiorello, con cui ho fatto diverse trasmissioni. In una di queste, abbiamo avuto come ospite Dustin Hoffman, una persona straordinariamente carismatica. Durante le prove, la cosa che mi ha colpito è stata che lui ha ignorato completamente gli autori e tutti i responsabili della trasmissione, ma appena è entrato in studio, si è diretto subito verso gli spalti dell’orchestra e si è messo alla tastiera a suonare. Dopo circa mezz’ora, lo hanno chiamato e lui, scendendo, rivolgendosi a noi, ci ha detto: “ Beati voi! Il mio sogno più grande nella vita è sempre stato quello di diventare un pianista jazz, ma non ci sono mai riuscito”. Ci guardava con un amore negli occhi che mi ha veramente emozionata; sentire uno come Dustin Hoffman dire una cosa del genere è stata una cosa che mi ha colpita e mi è rimasta impressa”.

“Che cosa pensi di questa iniziativa?”

Luisiana Lorusso: “È innanzitutto un modo per conoscere altri artisti che magari non conosci ma che, in quanto tali, in modo infraintendibile, ti portano dentro loro stessi, ti arrivano comunque, e soprattutto è una bellissima iniziativa di scambio reciproco nonché un’ occasione per riflettere su temi che magari non ti è mai capitato di affrontare”.

Anche quest’ultimo appuntamento, dunque, è stato all’insegna delle emozioni, quelle vere, quelle autentiche, quelle che penetrano negli angoli più nascosti dell’anima, quelle che lasciano dietro di sé quei piccoli e quasi impercettibili frammenti di felicità che, però, fanno la differenza.

06/12/2016





        
  



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