Caldarola: ricordate la figura e lopera del filosofo Giordano Bruno
| MACERATA - Al dibattito ha partecipato anche Eno Santecchia, pubblicista di Caldarola, portando un contributo di storia locale.
Una bella “pagina” di storia locale e di filosofia quella vissuta a Caldarola in occasione dell’inaugurazione della restaurata lapide in memoria di Giordano Bruno, condannato al rogo per eresia e arso vivo in Campo dei Fiori, a Roma, nel 1600.
Era venerdì 17 febbraio: la stessa data scelta – 406 anni dopo – dal Comune di Caldarola per restituire alla cittadinanza un busto bronzeo e una lapide in onore del filosofo e letterato di origini campane che nel 1911 un Comitato di “liberi pensatori” fece mettere nella piazza del paese, accanto alla chiesa di San Martino.
Oggi quel monumento commemorativo ha una diversa collocazione: è nell’atrio del Palazzo Pallotta, sede del municipio. Qui il sindaco Fabio Lambertucci ha tolto il velo alla lapide, presenti – fra gli altri – il vice presidente della Provincia, Donato Caporalini, l’assessore provinciale Giulio Pantanetti e l’assessore caldarolese Mauro Capenti. E’ seguito poi, al teatro comunale, un intenso momento di riflessione e approfondimento su Giordano Bruno, un uomo che sposò la filosofia ed ebbe il coraggio di ricercare la verità fino a sfidare la morte. A delineare la sua figura è stato il prof. Filippo Mignini, docente di Storia della Filosofia all’università di Macerata e grande conoscitore dell’opera bruniana. “Egli è oggi ancora vivo nelle sue opere – ha detto Mignini – e continuerà ad esserlo finché ci sarà qualcuno che leggerà quegli scritti. Nel suo pensiero troviamo le radici profonde della modernità”.
Al dibattito ha partecipato anche Eno Santecchia, pubblicista di Caldarola, portando un contributo di storia locale. Alcune curiosità. Il vice presidente del Comitato di 64 “liberi pensatori”, cui si deve l’iniziativa del 1911, fu Antonio Buscalferri, nonno di Fedro che è stato a lungo sindaco di Caldarola e che non è mancato a questa cerimonia inaugurale.
La lapide a Giordano Bruno provocò a quei tempi la sentita reazione del parroco della vicina Collegiata di San Martino, mons. Nazareno Cervigni, il quale lanciò un’invettiva – durante l’omelia domenicale – contro i promotori dell’iniziativa e contro chi aveva partecipato al “battesimo” dell’effige. Altra circostanza curiosa: la stanza di Palazzo Pallotta che al piano superiore corrisponde all’atrio in cui è posta la lapide è intitolata a Clemente VIII, il Papa che mandò al rogo proprio Giordano Bruno. Infine, un ultimo legame col nostro territorio è rappresentato dal fatto che, durante la sua permanenza a Londra, il filosofo divenne amico (alla fine degli anni ’80 del Cinquecento) del giurista ginesino Alberico Gentili.
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20/02/2006
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