Cambiano le norme sul fallimento dell'impresa.
| Il fallimento della propria attività, con le nuove norme che entreranno definitivamente in vigore il 16 luglio prossimo, non è più punitivo con il corretto comportamento assunto dall'imprenditore.
di Massimo Monti
Il 16 luglio prossimo, entreranno in vigore le nuove norme che regolano il fallimento di una impresa.
La situazione di difficoltà economica in cui può imbattersi un imprenditore causata da scelte sbagliate di conduzione dell’azienda ma anche da comportamenti scorretti dei propri clienti e addirittura da condotte inflessibili degli Istituti bancari, spesso si conclude con il ricorso ad una procedura concorsuale come il concordato o il fallimento.
A questo punto per l’imprenditore, prima della recente riforma fallimentare, in vigore la norma che risale al 1942, era finita. Si estingueva l’attività, si perdevano i diritti di voto, veniva ristretta la sua libertà di movimento.
Era infamante l’essere dichiarati falliti. Si veniva iscritti nel libro nero: il pubblico registro dei falliti.
Oggi invece questa condizione è vista in una luce del tutto nuova. Non più sanzionatoria ma possibilmente conservativa dell’attività economica e se la condotta dell’imprenditore è stata corretta, di aiuto per riavvicinarlo alla vita economica con la possibilità di liberarsi di tutti i suoi debiti con l’introduzione del nuovo istituto dell’esdebitazione.
Questa nuova filosofia del fallimento che sarà operativa dalla prossima estate, mostra già una migliore propensione nei confronti di chi ha dovuto subire un tracollo economico e fin dal 16 di gennaio anticipa l’abolizione del registro dei falliti, consente al fallito di esercitare il diritto di voto; la consegna di tutta la corrispondenza del fallito che veniva fatta al curatore ora è fatta direttamente al fallito il quale recuperando il suo diritto di riservatezza ha l’obbligo di consegnare al curatore del fallimento la sola corrispondenza riguardante la procedura fallimentare.
La precedente normativa, vietava al fallito di allontanarsi dalla propria residenza senza il permesso del giudice delegato al fallimento oggi invece con tutta libertà, può cambiare la sua residenza o il suo domicilio con il solo obbligo di una comunicazione al curatore.
Così, dopo oltre cinquanta anni, il legislatore si è convinto che dal fallimento di una impresa si può conservare e far risorgere una attività nell’interesse dell’economia di mercato: dei dipendenti, dei creditori, dei debitori, della Pubblica Amministrazione, insomma di tutti quanti avevano un interesse nell’azienda.
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24/01/2006
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