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Corpi di Reato di Cristiano Berti

| MACERATA - Berti si posiziona al limite tra l’analisi scientifica di alcuni fatti e la loro lettura, una volta che questi ‘fatti’ vengono posizionati in una cornice artistica


In tempi di Grandi Fratelli e reality shows, spacciati per verità in diretta, dove la sfera pubblica e privata si confondono fino a non destare più interesse, si inserisce il lavoro di Cristiano Berti.
L’investigazione di Berti non riguarda una sfera privata, non si arricchisce di appunti diaristici né si veste di accenti letterari o romantici, sembra piuttosto l’ossessionante archiviazione di frammenti di storie dal sapore noir.
 
In Corpi di reato Berti assottiglia sempre di più il suo intervento tra l’oggetto e l’opera d’arte, posizionando puri ready made di attrezzi utilizzati per scassinare, rubare, scappare.
Una bicicletta - che nella storia dei ready made da Duchamp a Cattelan ha una lunga storia - uno zaino e una torcia elettrica, 20 sacchetti della spazzatura, una tronchese, un piede di porco, scalpelli e arnesi si dispongono su pedane nello spazio espositivo.
 
Berti recupera questi oggetti acquistandoli alle aste giudiziarie. E’ appunto molto significativo il modo in cui l’artista viene a conoscenza dell’esistenza di questi attrezzi, effttivamente utilizzati per furti, e il modo con cui se ne appropria. Il meccanismo di scelta prelude ad una storia immaginata ma non svelata.
Il mistero incatena l’immaginazione dagli eventi agli oggetti, fino a far scaturire una curiosità morbosa di come, da chi e perché questi cimeli siano stati utilizzati.
 
Un percorso già battutto dall’artista nel lavoro Prestige del 2002, che propone una serie di valige recuperate agli oggetti smarriti, sigillate e mai aperte, che raccolgono in sé una storia, un’identità e un viaggio. Un lavoro che mi richiama immediatamente le sculture di Zoe Leonard che impilando vecchie valige tentava di rappresentare il viaggio di una vita di un personaggio. Seppur l’atteggiamento di Berti sia molto più impersonale e concettuale, non può esulare da un risvolto narrativo.
 
Accanto a questa installazione Cristiano Berti presenta un altro lavoro dal titolo Rogo Api: due pannelli in laminato plastico riproducono in dimensione reale le locandine di due testate di quotidiani,  Corriere Adriatico e Il Messaggero, che riportano la stessa notizia semplicemente invertendo l’ordine di due parole.
La sentenza processuale di un incendio in raffineria echeggia sottoforma di epigrafe contemporanea.  La sua investigazione riguarda ora la struttura del linguaggio e l’effetto della comunicazione senza abbandonare un atteggiamento feticista.
 
Berti si posiziona al limite tra l’analisi scientifica di alcuni fatti e la loro lettura, una volta che questi ‘fatti’ vengono posizionati in una cornice artistica.
Come Jaques Lacan scrive, “il rapporto tra lo sguardo e quello che si vuole vedere è ingannevole” e le opere di Cristiano Berti svelano la parzialità di questo rapporto.
                                                                                                       

07/10/2005





        
  



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