Lo stato è senza un'euro, sta raschiando il fondo del barile con tutti i condoni possibili e immaginabili, e i nostri onorevoli cosa fanno? Approvano con maggioranza schiacciante l'istituzione di tre nuove province: Barletta, Fermo e Monza, in ordine alfabetico come nei cast teatrali quando non si vuole offendere nessuno.

Barletta è la patria di Pietro Mennea, Monza "la capitale di Teodolinda" (cito dalla Padania), Fermo ha uno dei centri storici più belli del mondo anche se pochi italiani lo sanno. Quali nuovi orizzonti queste cittadine più o meno amene potranno darsi, diventando capoluogo di provincia, non è chiaro, al di là di un pugno di posti da assessore e usciere, e alla forniture di tristi arredi per ufficio.

Le provincie in Italia sono 103, e dovrebbero essere abolite tutte, passando le poche competenze che hanno alle Regioni. Che sono 20. E ai Comuni, che sono più di 8000. Questo sì che permetterebbe di tagliare le spese statali in modo strutturale, e potrebbe evitare i tagli alla sanità e alle pensioni. Si dirà che prima si dovrebbe ridurre il numero dei parlamentari dai mille di oggi a circa 600, che sarebbero ancora troppi.

E' vero, la nostra pessima classe politica farà mai una simile riforma? La risposta è scontata, e allora cominciamo a togliere di mezzo le provincie, che non servono ai cittadini ma solo ai politici.
Chissà perché in Italia tutto si riesce a fare, tranne semplificare, snellire, alleggerire. Si moltiplicano apparati e burocrazie, che sono i pani e i pesci di un paese perdutamente innamorato del posto pubblico.

Il famoso federalismo, nato come fiammeggiante colpo di reni di sedicenti popoli in rivolta, sta risolvendosi in una comoda e opaca seduta in qualche giunta e giuntarella di nuovo conio. Ciò che si deliberava a venti - trenta chilometri, ora si può deliberare sotto casa. Vuoi mettere la comodità, vuoi mettere il piacere d'occuparsi dei problemi del cognato e del vicino di casa avendoli a un tiro di voce, senza neanche dover usare il telefono.