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La finestra di fronte

| Piangere al cinema

di Lucilio Santoni

Eravamo in quattro l'altra sera a vedere La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek. E veramente il film non meritava più spettatori, tanto è brutto, in tutti i sensi. Ma un merito l'ha avuto, credo suo malgrado, quello di mettere in scena una novità, almeno per me e per la mia scarsa cultura cinematografica.

Dunque, c'è il consueto triangolo d'amore (amore?) costituito da lui, lei e l'altro (Raul Bova, per l'occasione, e con un altro così poche lei resisterebbero!). C'è poi un'altra storia che s'intreccia, storia del passato con conseguenze nel presente, ma che non interessa la mia riflessione.

Bene, per quanto avevo visto fino ad ora, l'amore aveva vinto, oppure era stato sconfitto con grande dolore, in ogni caso era stato sempre al centro della scena. Invece cosa accade nel film di Ozpetek? L'altro (Bova) viene trasferito lontano, a causa di una promozione di lavoro, lei lo lascia andare trovando la propria catarsi nel cambio di lavoro (da impiegata in un pollaio a pasticciera), e lui (il marito) anche trova soddisfazione nell'ottenere il cambio di turno (da quello di notte a quello di giorno). Tutto qui.

Il cinema che per cento anni aveva tentato di farci sognare, di stimolarci l'immaginazione, di infonderci amore e coraggio, eccolo qui. Il lavoro risolve tutto. Niente più passioni, turbamenti dell'anima, battiti del cuore. (Mi viene in mente una simpatica barzelletta su Berlusconi, il quale alla fine afferma che tutte queste cose sono cazzate inventate dai comunisti per scopare gratis).

Per tornare al film. Uno ottiene il cambio di turno, ed è felice. L'altro la promozione in banca, ed è contento. Lei diventa pasticciera, e la vita le sorride. Bene, il cinema è lo specchio della società, si potrà dire. È giusto che Ozpetek faccia film realistici. Tutti voi, immagino, vi riconoscerete in quei personaggi.

Un'amica mi ha detto di aver pianto per quel film. Io sono tornato dalla Spagna da qualche giorno, e lì c'è ancora qualcuno che dice: si stava meglio contro Franco. Beh, io lo capisco, chi dice così. Io non mi riconosco in quei personaggi. Anch'io qualche volta piango al cinema. Ma piango per film che parlano di persone che vivono, o muoiono, d'amore, oppure raccontano di Federico García Lorca, di Miguel Hernández, di Pier Paolo Pasolini e di Che Guevara de la Serna.

01/09/2003





        
  



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