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Analisi della Finanziaria 2003

| Facoltà concesse agli Enti per disciplinare i tributi. Principi per gli eventuali provvedimenti di perdono

di Rocco Sannicandro

L'articolo 13 della legge finanziaria 2003 ha previsto la facoltà per regioni, province e comuni di stabilire, con le forme fissate dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi, la riduzione dell'ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonchè l'esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'atto, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti.

Ciò posto, proviamo ad enucleare i principi ai quali eventuali provvedimenti di “perdono” dovrebbero essere ispirati:

 

Innanzitutto è prevista l'applicazione per la generalità delle posizioni tributarie: sia tributi a titolo principale (imposte non pagate) che a titolo complementare o suppletive (imposte dovute ad accertamenti di valori dichiarati ed a rettifiche di liquidazione); in secondo luogo, è previsto l'abbandono di sanzioni ed interessi.

 

Essendo stata concessa ampia libertà di scelta, gli enti potranno prevedere considerevoli sconti su tutti i crediti per tributi vantati nei confronti dei contribuenti.

 

Il punto rilevante di questa disposizione è la carenza di previsione  da parte del legislatore di una linea direttiva, di comportamento e di limiti nella gestione del provvedimento da parte degli enti interessati.

 

Cosicché ognuno sarà libero di comportarsi come vuole: potrà adottare o non adottare le misure di condono, concedere sconti minimi o sconti rilevanti, adottare l'atto quando vuole o come vuole, mancando nella legge un termine massimo di adeguamento.

 

Siamo difronte ad una disposizione che se non confortata da un orientamento comune di tutti i comuni, le regioni e le province, comporterà discriminazioni notevoli tra i cittadini a seconda del territorio di appartenenza o a seconda del territorio in cui possiede interessi (si pensi all'ICI).

 

Indubbiamente la volontà del legislatore era quella di dare vita ad una prima prova di federalismo fiscale; ma questo è un federalismo all'incontrario. Non contiene infatti previsione di delega agli enti territoriali all'emanazione di norme impositive, ma v'è delega alla “svendita” di entrate creando questione di dubbia  legittimità costituzionale e problemi di cassa.

 

Si obietterà che la norma non ha carattere imperativo, per cui chi vorrà si adeguerà e chi non vorrà non sarà obbligato a farlo.

 

Ma quante amministrazioni saranno in grado di resistere alle pressioni di chi avrà interesse ad ottenere il provvedimento di favore? E chi ha già pagato regolarmente quale fiducia manterrà nei confronti delle istituzioni? Ed il fondato rischio che con una mano verranno concessi sconti e con l'altra si dovranno aumentare le tasse per sopperire alla mancata entrata?

 

Ultima considerazione: la politica fiscale è la base portante del bilancio sia per lo stato che per gli enti pubblici territoriali; la sua gestione è strettamente connessa con l'impianto dell'intero bilancio, le cui poste sono collegate in modo sinallagmatico tra di loro, sì che uno sbilancio sull'entrata influenza direttamente la capacità di spesa e, quindi, l'erogazione di servizi ai cittadini.

 

E' necessario, pertanto, avere massima cura nel manovrare la leva fiscale senza preoccuparsi di equilibrare  tutte le voci di entrata e spesa che compongono il bilancio.

 

E' ciò che dovranno fare tutti gli enti prima di dare corso all'art. 13 della legge finanziaria, l'amministrazione comunale di questa città compresa.

17/02/2003





        
  



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